La Comune, gli ideali: la lotta quotidiana, a Prato e dovunque

La Comune non aveva ideali da realizzare: nel breve tempo a sua
disposizione si era dedicata a preparare lo smantellamento delle basi
burocratiche dello Stato. La sua esistenza operante affronta le
questioni, fa giustizia sommaria degli immaginari precedenti [distrugge
la ghigliottina prima, la Colonna Vandomme poi] e ne costituisce di
nuovi e permanenti [la democrazia come unità di legislativo ed
esecutivo, la sostituibilità delle cariche, l’universalità del diritto:
uomini, donne, stranieri sono cittadini contro l’idea di cittadinanza
giacobina – è cittadino che aderisce allo Stato].
Questa sostituzione resta tanto più feconda perchè priva di qualsiasi
corpus stabilito [né un credo, né una costituzione], ma si presenta come
basata sulle contraddizioni e i limiti dell’esistenza concreta [cioè
l’esistenza “operante”].
Come scritto da Marx, l’esistenza fattiva e operante della Comune,
dissolve – per quel limitato periodo della sua esistenza materiale ma
riverberandoci all’infinito nei successivi moti delle classi subalterne
– il feticismo della merce e creando rapporti sociali legati al lavoro
divenuto libero e associato [quindi non espropriato né espropriabile].
Questa realtà fa sì che la Comune sia la base di ogni processo
rivoluzionario concretamente attuato: nega lo Stato, nega qualsiasi
dialettica di sperimentazione interna al potere, ogni “riformismo”, per
lasciare aperta la strada della scelta “o/o”, in cui la questione
organizzativa – ad esempio – perde ogni valore trascendente.
Così la lotta operaia di Prato – piuttosto che di Piacenza, del comparto
logistico o dei c.d. Riders – in quanto coinvolge i settori più esposti
alla durezza dello scontro di classe [si chiaro: non sono “soggetti
deboli” come vuole la vulgata medical-sociologista oggi in voga
soprattutto nella c.d. Sx] diventano centrali in ogni percorso
immaginabile di organizzazione che voglia uscire dal campo approvato dal
capitale. La volgarizzazione sinistro-liberale dei settori oggi egemoni
non vuole vedere nel proletariato immigrato, marginale, “a bassa
valorizzazione” il frutto delle scelte di quarant’anni di ”diritto del
lavoro” di cui i settori politico sindacali definiti sempre più
abusivamente “popolari”, sono stati agenti indispensabili [se non
trainanti]: non più lavoratori sfruttati ma “portatori di disagio sia
economico che sociale”. In sostanza: “plebe”.
Noi vediamo, al contrario, le particolarità – contraddizioni e limiti –
dell’esistenza operante di questa composizione. Vediamo l’energia che si
sprigiona da questo essere stati respinti fuori del cerchio del
riconoscimento/diritto. Vediamo cosa ci può essere fuori della gabbia
delle legislazione del lavoro, alla finzione del mercato e della
“libertà” dei diversi soggetti. Questi settori, questi “distretti”, sono
fuori dal diritto del lavoro perchè il capitale vuole tutte le mani libere.
Non vuole potere ma il Potere di Arbitrio.
Oggi, davanti alla TexPrint, spuntano tutte le armi del liberomercato:
il ricatto, la corruzione dei fondi per la rescissione dei contratti, la
violenza degli apparati polizieschi, le norme disciplinari di contratti
non accettati, nel lato “diritti dei lavoratori”, ma rivendicati dal
padrone come unica garanzia della propria esistenza”.
Ecco perchè la TexPrint di Prato è un terreno che impone la dialettica
che non ricompone ma divide [“o/o”]: pone il problema
dell’individuazione di “amico/nemico” non sul terreno della “vicinanza
percepita”, sull’empatia [quasi fosse vero che esiste una umanità e non
un’umanità divisa in classi] ma sulla individuazione di appartenenza
alla condivisa “Repubblica Universale” definita come rapporto con la
merce e il lavoro.
Ecco perchè, se pure è giusto ribadire che “loro” non rispettano neppure
“le proprie” leggi, che le istituzioni – istituzionalmente pavide e
garanti del mantenimento della libertà di sfruttamento – non ci sono
azioni positive da aspettarsi da esse: il terreno restano i cancelli –
in primis – e la città successivamente.
Solo in questi due luoghi può verificarsi la trasformazione da salariati
a cittadini della Repubblica Universale.
Ed è qui che dobbiamo ritrovarci: cominciando da sabato.

Emme 16.03.2021

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