L’OMICIDIO DI FAKHRIZADEH: ISRAELE, STATI UNITI E IL NUOVO MEDIO ORIENTE.

L’omicidio del fisico iraniano Mohsen Fakhrizadeh, avviene in un contesto storico-politico molto particolare, non solo per il medio oriente, ma per il mondo intero. L’elezioni negli Stati Uniti vinte da Joe Biden, ma ancora in attesa del paesaggio ufficiale di testimone da parte di Donald Trump, hanno fatto sì che venissero accelerati i tempi riguardo la questione iraniana, per poter aggiungere un altro tassello fondamentale nelle politiche anti-iraniane portate avanti durante il mandato di Trump. Lo scorso novembre, durante una riunione nello studio ovale insieme ai vertici militari e dell’intelligence, il presidente aveva avanzato la proposta concreta di voler bombardare il sito nucleare iraniano di Natanz. La proposta venne però prontamente scartata dai vertici militari, perché rappresentava un’operazione troppo rischiosa e difficile da gestire. Secondo il Times, come alternativa al bombardamento sarebbero state presentate due opzioni al presidente, tra cui l’uccisione di Mohsen Fakhrizadeh, professore di fisica e simbolo della corsa iraniana al nucleare. Logicamente l’operazione è avvenuta sotto impulso e appoggio del partner di sempre, Israele, in prima linea nella lotta contro il regime degli Ayatollah, e artefice proprio negli scorsi mesi di un accordo storico che potrebbe cambiare le sorti di tutto il medio oriente, ma di cui parleremo dopo.Secondo il Segretario del Consiglio per la Sicurezza Nazionale Iraniana, Ali Shamkhani, dietro l’omicidio del fisico nucleare ci sarebbe proprio Israele, che avrebbe agito inviando agenti del Mossad ma solamente come supporto, perché avrebbe usato come “sicario” i Mojahedin-e Khalq (MeK), più conosciuti come Mojahedin del popolo iraniano. Organizzazione anti-Shah nata a metà degli anni 60 di orientamento marxista ma di stampo decisamente islamico. Durante la rivoluzione iraniana, come del resto tutti i gruppi comunisti, i MeK si fecero abbindolare dall’Ayatollah Khomeyni. Quindi dopo un appoggio iniziale, i MeK divennero però i principali critici del regime teocratico, venendo perseguitati e costretti a rifugiarsi in Iraq, dove ricevettero la copertura politica di Saddam Hussein. Durante la guerra tra Iraq e Iran i MeK si schierarono dalla parte di Saddam, che veniva considerato l’unico in grado di rovesciare il regime di Khomeyni. Dopo la caduta di Saddam Hussein, i membri dei MeK subirono una serie di rappresaglie e persecuzioni da parte dell’esercito statunitense e dalle truppe locali fedeli alla nuova leadership irachena. Gli statunitensi all’epoca dei fatti consideravano i MeK a tutti gli effetti un’organizzazione terroristica e così è stato fino al 2012, quando l’amministrazione Obama decise di togliere i MeK dalla lista delle organizzazioni terroristiche. A seguito di questa decisione, seguirono una serie di elogi nei confronti dei MeK da parte di svariati membri dei due principali partiti americani. Dal 2016 circa 3.000 membri dei MeK, sono stati trasferiti dall’Iraq all’Albania, dopo lunghe trattative della Societa delle nazioni, con gli americani principali garanti dell’organizzazione, nei pressi della città di Manëz, in un campo profughi che però ha più l’aspetto di un massiccio complesso in stile militare.Nel 2018 l’ambasciatore iraniano in Albania è stato espulso dal paese insieme ad un altro diplomatico perche ritenuti pericolosi per la sicurezza interna al paese. Riguardo l’accaduto Mike Pompeo, Segretario di Stato degli Stati Uniti, ha affermato che i due diplomatici stavano architettando attentati in Albania, contro i MeK. Lo scorso giugno invece, un turista Italo-iraniano è stato arrestato e poi espulso dal paese balcanico, perché sospettato di essere una spia iraniana in cerca di informazioni e materiale riguardo alle attività dei MeK, i cui finanziamenti sembrano provenire proprio da Stati Uniti e Israele. Non a caso sempre nel 2018 John Bolton, il futuro consigliere alla sicurezza di Donald Trump, dichiarò durante un meeting a Parigi con i membri dei MeK, che l’amministrazione Trump avrebbe dovuto supportare la loro lotta contro il regime islamico e prendere in considerazione il fatto che i MeK potrebbero essere la giusta organizzazione politica a cui affidare il potere una volta rovesciata la Repubblica Islamica. Come dicevamo prima, tutto questo avviene a seguito di un’intesa storica tra Israele- Emirati Arabi Uniti e Bharein, sfociata nei cosiddetti ” Accordi di Abramo “. Questi accordi prevedono la normalizzazione dei rapporti tra questi paesi, che non si limitano solo al fattore economico, ma anche politico, tecnologico e militare. Il 16 novembre, il giorno seguente alla cerimonia per l’entrata del Bharein negli accordi, Donald Trump ha affermato che altri 5 paesi arabi avrebbero aderito, tra cui l’Arabia Saudita e l’Oman, seguiti quasi sicuramente da Marocco e Sudan. L’Arabia Saudita sono ormai anni, che tratta sotto banco con Israele in funzione anti iraniana. Inoltre i Sauditi hanno necessità ad aprire all’occidente, non solo per un discorso economico: turismo e scambi commerciali, ma sono interessati alle tecnologie occidentali, specialmente quelle sulle energie rinnovabili, perché sanno benissimo che aver puntato tutto sul petrolio, non può essere più una soluzione eterna. Il mondo sta cambiando.In più i sauditi aprendo all’occidente potrebbero garantirsi una copertura militare da parte della NATO sempre in funzione anti Iran, con Israele principale alleato nell’ area mediorientale, e con un’influenza politica consolidata sulle monarchie del Golfo Persico ad esclusione del Qatar, legato politicamente e militarmente alla Turchia.Dunque l’asse sunnita punta a consolidarsi nel mondo islamico in maniera netta, la dimostrazione è stata la guerra nello Yemen contro le milizie sciite e le proteste della popolazione in Bahrein – a maggioranza sciita ma con una classe dirigente sunnita- represse nel sangue, dopo l’adesione del regime agli accordi di Abramo. Un’altro problema riguarda i palestinesi, che a seguito degli accordi hanno gridato al tradimento, nonostante sia presente una clausola che vieta ad Israele di annettere la West Bank ai propri territori. Ma non basta!. Durante una video conferenza organizzata congiuntamente da Fatah e Hamas, a cui erano presenti tutti i partiti palestinesi, compresi quelli che non hanno diritto ad operare all’interno dell’ANP, si è arrivati alla conclusione che con gli accordi di Abramo si può considerare morta e sepolta la solidarietà araba. I palestinesi per il mondo sunnita, in particolare per i sauditi, sostenitori storici della causa, sono diventati scomodi sia dal punto di vista economico, che da quello politico, visto che rappresentano un ostacolo non indifferente nelle relazioni con Israele ed Usa. Gli unici interessati e capaci di prendere per mano le due principali organizzazioni palestinesi, rimangono gli iraniani, visto che la Turchia e Qatar, anche se entrambe contrari agli accordi di Abramo e legati ai Fratelli Musulmani, difficilmente si esporranno al punto da schierarsi apertamente. Dunque in questo caos totale, l’omicidio di Fakhrizadeh assume un ruolo ancora più centrale, con l’amministrazione Biden che dovrà scegliere se riaprire i negoziati sul nucleare con l’Iran o schierarsi in difesa del partner di sempre Israele. Allo stesso modo gli Ayatollah dovranno decidere se rispondere all’ offesa subita, danneggiando così i futuri rapporti con il neo presidente americano, sul quale gli iraniani hanno riposto molta fiducia riguardo alla ripresa degli accordi, oppure fare buon viso a cattivo gioco aspettando gli sviluppi della vicenda. La seconda ipotesi sembra la più papabile, viste anche le esternazioni del Ministo degli esteri iraniano durante la Med Conference, in cui ha sottolineato come l’Iran sia pronto a riprendere in mano l’accordo sul nucleare raggiunto nel 2015 con l’amministrazione Obama, ma senza nuovi negoziati. Logicamente se Biden decidesse di percorrere la stessa strada, si andrebbero a creare problemi non irrilevanti con Arabia Saudita e Israele. Infatti lo scorso 23 novembre secondo il Washington post, Benjamin Netanyahu e il principe Mohamed bin Salman, si sono incontrati in gran segreto in Arabia Saudita. Alll’incontro era presente anche Mike Pompeo. Il fine della visita di Netanyahu non era certo quello di ricevere un riconoscimento ufficiale dai sauditi, ma un chiaro ‘avvertimento a Biden di come a differenza del 2015, Israele disponga di alleati arabi di peso, che potrebbero certo influire sulle scelte della nuova amministrazione statunitense riguardo la questione iraniana e mediorientale. In poche parole Israele e Trump, con l’omicidio del fisico iraniano hanno messo Biden con le spalle al muro.Ma il mondo arabo è instabile da sempre, le alleanze sono flebili e tutto può ancora succedere.

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