DECRETO SICUREZZA, UN NUOVO PASSO IN AVANTI VERSO UNO STATO AUTORITARIO

È stato grazie al voto favorevole grillino, che il 24 luglio 2019, la Camera ha approvato la fiducia posta dal governo sul cosiddetto “decreto sicurezza bis”.

Il provvedimento, fortemente voluto dal ministro Matteo Salvini, che poche ore prima si era rifiutato di dare spiegazioni sui 65 milioni di fondi russi alla Lega, non presentandosi in Aula, oltre agli effetti propagandistici, si propone con un duplice scopo.

Da un lato, il governo Salvini-Di Maio, incrudelisce la politica migratoria, vietando l’ingresso in acque italiane, chiudendo i porti, confiscando le navi, militarizzando il Mediterraneo, rendendo concreta la minaccia e la persecuzione dei volontari che salvano vite umane in mare, evitando loro i soccorsi.

Un governo, dunque, che decretando il “delitto di solidarietà” vorrebbe imporre nel nostro paese un regime di apartheid economica per sfruttare senza alcuna ripercussione, i migranti. Un governo che ad oggi, ha agitato lo spauracchio dell’ “invasione”, non prendendosi alcun carico di quelle che sono le vere emergenze, quali gli omicidi sul lavoro, la cassa integrazione e la disoccupazione che cresce, i salari da fame, l’emigrazione massiva dei giovani.

Inoltre, l’accanimento del governo verso le ONG, per ragioni facilmente intuibili, non è mai espresso contro i padroni e gli agrari che si arricchiscono schiavizzando lavoratori autoctoni e immigrati; contro i mercanti di armi e munizioni che attraccano nei porti italiani a beneficio dei profitti delle industrie belliche.

Per altri versi, il “decreto sicurezza bis”, introduce una serie di norme politico-giuridiche volte a restringere il diritto di manifestare (anche l’accensione di fumogeni diventa reato), inasprendo le sanzioni penali per alcuni reati previsti dal Testo unico delle leggi di “pubblica sicurezza” che come è risaputo, fu approvato dal fascismo.

E dunque: le forze di polizia potranno godere di maggiori tutele, diversamente dai manifestanti, che saranno più esposti alla violenza di Stato.

Ciò che alla gestione leghista importa colpire in termini di ”ordine pubblico” sono le lotte di quei settori proletari e popolari che non intendono abbassare la testa e si organizzano a riscendere in campo affrontando le manovre governative nell’approfondirsi della crisi economica.

L’intenzione è dunque quella di scoraggiare e impedire la partecipazione più ampia alle mobilitazioni di piazza, criminalizzare gli organizzatori, ponendo le condizioni migliori per le pericolose azioni di provocatori prezzolati.

I populisti di destra al governo hanno chiaro l’obiettivo di dividere, immobilizzare e reprimere il proletariato, ridurne i margini di libertà, gli spazi di agibilità politica e sindacale conquistati con decenni di dure lotte.

I capitalisti non si fanno sfuggire l’occasione, mostrando tutto l’interesse ad appoggiare i “decreti sicurezza” e i loro sostenitori, perché è ben chiaro che questi agiscano contro il proletariato, ne minino la resistenza e disorganizzino la sua forza. In questo particolare momento storico, è la Lega lo strumento dell’oligarchia industriale, bancaria e agraria, investita dello scopo precipuo di aumentare i profitti capitalistici mediante un più intenso sfruttamento dei proletari.

La lotta contro i “decreti sicurezza” – che hanno i loro antecedenti nei “decreti Minniti” – è essenziale ma soprattutto improrogabile: le norme che lo informano e la volontà del governo che le applica, provocano fratture insanabili nelle file del proletariato, mettendolo alle corde, facendogli perdere diritti, spuntandolo delle possibilità rivendicative mentre l’attacco padronale si rende estremamente aggressivo.

I “decreti sicurezza” non si affrontano con gli appelli a Mattarella o con gli appelli umanitari, non si può rispondere a questi continuando a lottare separati o considerando la questione della repressione isolata dalle questioni centrali e che affliggono gli operai e gli altri lavoratori sfruttati, dalle loro esigenze che portano in evidenza i punti di rottura con il capitalismo e il suo apparato statale.

All’offensiva reazionaria andrebbe posto un fronte unico proletario di lotta, che consideri centrale la difesa intransigente degli interessi urgenti e vitali della classe operaia, dei settori di classe della logistica, composta spesso dalla forza lavoro dei migranti e delle avanguardie sindacali e contro le manovre burocratiche dei confederali collaborazionisti e opportunisti.

In tale direzione è possibile sviluppare l’azione di classe e incrinare l’attacco del populismo di destra che esegue la volontà dei settori più reazionari dei capitalisti.

Di questo e di altro, si discuterà il 27 e il 28 agosto a Piazza Ciompi, in attesa del programma della due giorni del Collettivo 13 Rosso.

CP13R

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