DAL “DATEMI TUTTI I POTERI” ALLA RETROMARCIA SU ROMA. LA TRISTE PARABOLA DI UN PAGLIACCIO AL SERVIZIO DEL GRANDE CAPITALE

Una settimana soltanto è durata l’ascesa del capitano. Solo sette giorni fa Salvini sfiduciava Conte, l’avvocato del popolo, sicuro di veleggiare verso elezioni anticipate ad ottobre e prendere il 40% per fare un governo monocolore leghista.

Preso dall’euforia il capitano dichiarava solennemente “chiedo agli italiani di darmi tutto il potere” di mussoliniana memoria.

Una dichiarazione da uomo forte che non ha paura di niente e nessuno, pronto a mettersi in gioco per il bene del “popolo”.

Peccato che il capitano non avesse fatto bene i conti. Una crisi di governo in pieno agosto significa elezioni ad ottobre e di conseguenza salta la legge finanziaria del 2019 con il ricorso all’esercizio provvisorio e l’entrata in vigore delle clausole di salvaguardia (aumento dell’iva) volute da Berlusconi e la Lega prima e confermate dal governo Renzi.

Questa prospettiva spaventa il grande capitale italiano, il rischio di una recessione disastrosa è dietro l’angolo, lo spread torna a farsi sentire, la Stampa borghese strepita.

Il capitano si trova così in soli sette giorni all’angolo, attaccato da destra e dai suoi stessi compagni di partito sensibili alle esigenze del grande capitale, come Giorgietti, e da sinistra con la grande stampa, finora benevola nei suoi confronti perché occupata ad attaccare il M5S, che tuona contro l’irresponsabile Salvini.

Il capitano si trova così costretto ad una dolorosa retromarcia tanto da ritrattare la sfiducia al governo e da offrire a Di Maio la presidenza del consiglio con un bel rimpasto di democristiana memoria

L’eventualità di un governo del M5S con il PD e LeU spaventa a morte Salvini e la Lega che si vedrebbero costretti a tre anni di opposizione logorante.

La retromarcia però rischia si essere un altro disastro, da un lato la perdita dell’immagine celodurista dell’uomo che se ne frega di tutto e va avanti, dall’altro il rischio di un governo a trazione PD 5 Stelle.

Il capitano, diciamocelo chiaramente, sta facendo una enorme figura di merda. Questo potrebbe essere il momento per affrondarlo definitivamente se non fosse che non esiste una alternativa degna di tale nome.

Il governo PD-M5S-LEU non è certo una alternativa credibile. Il PD è il partito del Job Act, della controriforma Fornero, del decreto Minniti, ecc, un partito che da anni rappresenta gli interessi della grande borghesia ed è nemico giurato della classe lavoratrice. Renzi che per un anno ha teorizzato la strategia del pop corn tutto ad un tratto ha cambiato linea ed è diventato l’alfiere dell’accordo con Di Maio.

Il M5S è il partito che per un anno ha fatto da zerbino a Salvini, che lo ha portato al 40%, avallando le politiche securitatie e razziste della Lega. Solo alcuni giorni fa ha votato il decreto sicurezza bis fortemente voluto dalla Lega, un decreto fascistoide che attacca frontalmente il diritto di protestare dei lavoratori e acuisce la stretta contro i migranti e contro chi salva vite umane nel mediterraneo. Ha capitolato sulla TAV, sul TAP in Puglia, sulla concessione ai Benetton di Autostrade. Insomma in solo un anno i 5 Stelle sono passati da coloro che dovevano aprire il parlamento come una scatoletta a politicanti borghesi pronti a tutto pur di non perdere le poltrone. I sondaggi attualmente danno il Movimento al 13/14%, una debacle storica per un partito che il 4 marzo del 2018 era andato oltre il 30% diventando il primo partito italiano.

Infine LeU, o come caspita si chiama il partito di Fratojanni, che come al solito recita la parte degli utili idioti, coprendo a sinistra un eventuale governo PD M5S. Non contenti delle batoste presi negli ultimi anni questi sinistrati si ripropongono come alleati del PD, sperando sia la volta buona che spariscono per sempre dal panorama politico.

Vista la situazione disastrosa del paese e la crisi del sistema politico questo dovrebbe essere il momento della sinistra.

Purtroppo il panorama italiano è disastroso. Rifondazione Comunista, ormai ridotta a percentuali da prefisso telefonico del nord italia, continua imperterrita ad accattare accordicchi per vedere di piazzare qualche proprio esponente in istituzioni locali. La militanza è praticamente azzerata, le sedi quasi tutte chiuse.

PAP che pure nel primo periodo dopo la nascita era riuscita a raccogliere diverse avanguardie di lotta sia sociale che sindacale si è incartata in una discussione tutta politicista ed elettoralista sulle alleanze, rimanendo però con il cerino in mano dopo che De Magistris si è tirato indietro nel costruire una forza politica nazionale. Il limite evidente di PAP, la mancanza di un serio programma anticapitalista, fa navigare questo gruppo in uno sterile riformismo radicale che in un momento come questo non serve ma anzi alimenta di nuovo illusioni destinate al fallimento.

Più a sinistra che si va e più che il panorama è desolante.

I satelliti di area marxista rivoluzionaria nati dalle scissioni del PRC sono ormai ridotti a combriccole di amici dediti a litigare tra di loro per dimostrare chi è il più trotskista. Nonostante i numeri risibili di questi gruppi non mancano scissioni e rotture continue moltiplicando sigle del tutto ininfluenti e completamente avulse dalla lotta politica reale.

Noi, nel nostro piccolo, crediamo invece che sia giunto il momento di rompere con le vecchie pratiche settarie di buona parte della sinistra politica e sindacale. Nel nostro paese esistono lotte sindacali e sociali importanti, mancano però di uno sbocco politico che sia capace di unirle e collegarle in una unica grande battaglia per una alternativa rivoluzionaria ed anticapitalista. Sappiamo che le scorciatoie non funzionano, tanto meno le autoproclamazioni, pertanto crediamo che in questo momento sia di fondamente importanza lavorare all’unità delle lotte, concentrare gli sforzi in quelle che sono le tre battaglie fondamentali in questo momento storico, la lotta di resistenza dei lavoratori, la battaglia contro il razzismo e la lotta per la difesa dell’ambiente.

CP13R

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